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Disturbi del Comportamento Alimentare: cosa c'è prima del Codice Lilla? La sinergia tra servizi territoriali e familiari nel trattamento dei DCA

giovedì 21 febbraio 2019 - 12:03

Dott.ssa Silvia Del Buono

 

Il lilla è il nuovo colore nei Pronto Soccorso degli ospedali italiani. Il 29 agosto 2018, infatti, il Ministero della Salute ha introdotto, attraverso la pubblicazione sul proprio sito internet di un documento ufficiale in proposito, il cosiddetto "Codice Lilla", ovvero un percorso specifico per aiutare gli operatori sanitari ad accogliere pazienti con problemi di nutrizione in Pronto Soccorso.
"Interventi per l'accoglienza, il triage, la valutazione ed il trattamento del paziente con disturbi della nutrizione e dell'alimentazione - Raccomandazioni in pronto soccorso per un Codice Lilla" è il titolo del documento, che al suo interno recita: «rivolgersi al Pronto Soccorso può costituire una forma, per quanto impropria o forzata, di richiesta di aiuto e l'accesso in emergenza può rappresentare una preziosa occasione di ingaggio del paziente per l'avvio di un percorso terapeutico.»

 

I disturbi alimentari e l'accesso ai trattamenti d'emergenza

 

Chi sono i pazienti che arrivano al Pronto Soccorso, a cui può essere attribuito un Codice Lilla? Secondo il documento emesso, esistono dei parametri, identificabili attraverso un esame obiettivo, utilizzati come criteri per stabilire la gravità del paziente e l'eventuale necessità di un intervento in Pronto Soccorso, o in seconda battuta di un ricovero. Ciò determina che il numero di coloro che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare (anoressia, bulimia, binge-eating) ed arrivano ad essere accolti in Pronto Soccorso in condizione di emergenza, è in realtà molto esiguo rispetto alla totalità degli individui che vivono questo tipo di disagi, anche di quelli in stato di profonda gravità. Soprattutto, che coloro che accedono a questa "preziosa occasione di ingaggio" si trovano in realtà in uno stato patologico talmente acuto, da non poter identificare questo momento emergenziale come preliminare all'avvio di un percorso terapeutico. Infatti, se prendiamo in considerazione l'ipotesi che pazienti gravi, come quelli che arrivano (o nella maggioranza dei casi, vengono trascinati) in Pronto Soccorso, in stato di denutrizione o di estrema sofferenza fisica e psichica, non abbiano ancora intrapreso un percorso riabilitativo o terapeutico di alcun genere, questa informazione dovrebbe allarmarci, e non poco.

 

Nonostante la diffusione di questo tipo di raccomandazioni vada senz'altro considerata come un passo fondamentale per il trattamento di uno stato di particolare gravità, è necessario quindi ricordare che gran parte di coloro che soffrono di Disturbi del Comportamento Alimentare, non arrivano ad accedere a questo tipo di richiesta in emergenza, per diverse ragioni.

 

La difficoltà della diagnosi di anoressia e bulimia

 

In primis queste patologie non sempre si mostrano in maniera così evidente, come nel caso di un'anoressia in stato di acuzie, ma sono spesso nemici invisibili di coloro che ne soffrono, di cui è difficile se non impossibile parlare, nemici che combattono anche i familiari per moltissimo tempo prima di esplodere in una situazione di tale gravità da necessitare di un trattamento di emergenza. In alcuni casi sono, inoltre, patologie che si possono definire "egosintoniche", accompagnate quindi da una scarsa, o del tutto assente, motivazione della persona alla cura. L'individuo, infatti, nella maggioranza dei casi risulta coinvolto dai propri familiari in un trattamento, nel quale però non ripone alcuna domanda soggettiva. E infine per la maggioranza dei disturbi che rientrano in questa grande classificazione, non esistono sempre parametri emergenti ad un esame obiettivo adeguati a definire lo stato di sofferenza in cui l'individuo versa.
A questo punto potrebbe essere utile domandarsi se è possibile intercettare la domanda di aiuto, prima che essa si trasformi in uno stato patologico di tale gravità da necessitare di un accesso al ricovero in emergenza, e soprattutto in che modo è possibile individuarla, anche attraverso segnali non immediatamente manifesti.

 

 

 

 

Come prevenire il rischio di emergenza nei disturbi alimentari?

 

Il primo passo da compiere è certamente quello di lavorare sulla prevenzione, puntando l'attenzione sulla salute globale degli individui, a livello fisico, psichico e relazionale. Ciò risulta valido in particolare per quanto riguarda gli adolescenti, tuttora i più coinvolti da questo genere di sofferenza psichica, anche intervenendo sulla riduzione dei fattori sociali di rischio di insorgenza sia di DCA, che di altre forme di malessere che colpiscono queste fasce d'età. Sarebbe infatti necessario che tutti coloro che si occupano, a vari livelli, di salute ed educazione, potessero assumere uno sguardo più attento e consapevole, sia attraverso una formazione costante degli operatori sociosanitari direttamente coinvolti, sia attraverso specifiche strategie di intervento nei contesti su cui si intende operare.

 

In questo senso risulta molto importante il lavoro a livello territoriale, svolto da professionisti ed esperti nel settore (medici, psicologi, nutrizionisti, etc.), che possano mettere in atto iniziative con valenze sia culturali che formative, mirate in particolari alle fasce d'età più giovani, dove la prevenzione ha un ruolo primario. Allo stesso tempo i centri clinici territoriali, se fondati su un lavoro di équipe integrato e multidisciplinare, possono porsi l'obiettivo di intervenire tempestivamente sulle situazioni di disagio psichico sottostanti a tali patologie, prima che esse raggiungano un livello di gravità tale da richiedere un intervento medico in emergenza. La possibilità di svolgere questo tipo di lavoro raggiungerebbe inoltre l'obiettivo di limitare i costi di trattamenti sanitari successivi, talvolta al di fuori delle regioni di appartenenza, e la spesa sanitaria pubblica che ne consegue.

 

Il ruolo fondamentale della famiglia

 

 

  

 

 

Ultimo, ma non per importanza, va sottolineato il ruolo strategico dei familiari, sia nel riconoscimento dei primi segnali, che nel trattamento di tali problematiche, una volta emerse. Ritornando al tavolo di lavoro specifico coordinato dal Ministero della Salute, oltre che alle Indicazioni sul Codice Lilla è stato elaborato anche un documento dal titolo "Raccomandazioni per i familiari". 

 

All'interno di questo documento sono contenute alcune indicazioni utili a rendere consapevoli i familiari delle forme di disagio, soprattutto ad uno stato iniziale e talvolta nascosto, in particolare nel caso di figli in età adolescenziale, che potrebbero sfociare in patologie conclamate e gravi problemi sanitari. L'obiettivo del lavoro è quello di fornire a genitori e familiari le informazioni necessarie perché possano imparare a riconoscere la malattia, spesso per anni vissuta come incomprensibile, individuando ad esempio le prime modificazioni nello stile di vita o nel comportamento alimentare. Ulteriore scopo è anche quello di "accompagnare i familiari durante il percorso di guarigione del paziente", anche nel caso di coloro che ancora non accedono alle cure per mancanza di motivazione al trattamento. Il rischio frequente è infatti che le famiglie si sentano abbandonate di fronte alla malattia, e spesso ci si trova di fronte a genitori totalmente inconsapevoli in merito alla natura del disturbo alimentare o alle fasi necessarie per la guarigione.

 

Non è affatto scontato, purtroppo, che le famiglie riescano ad accedere a tali informazioni nel momento in cui sarebbero davvero necessarie per orientare efficacemente il trattamento di queste problematiche. Anche in proposito può avere un ruolo fondamentale il lavoro a livello territoriale dei centri clinici, attraverso le attività di prevenzione e di diffusione capillare di tali informazioni.

 

Il lavoro sinergico tra Istituzioni, Servizi e familiari è quindi la risorsa fondamentale perché la domanda di aiuto, esistente in ogni individuo sofferente, possa essere intercettata, riconosciuta e accolta.

 

 

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